Lo Scetticismo Antico da Pirrone a Sesto Empirico

Lo Scetticismo antico nasce come una riflessione dei discepoli sul pensiero del maestro Pirrone. A differenza dell’epicureismo o dello stoicismo, non fu una vera e propria scuola. Bensì, il pensiero del suo fondatore si tramandò nel tempo e ciò diede vita a diverse correnti che hanno in comune i punti fondamentali. Lo scetticismo può essere descritto nei suoi caratteri generali come una sospensione del giudizio: l’epochè. Essa riguarda quell’estenuante ricerca del vero, con articolate costruzioni metafisiche. Gli uomini sono riusciti ad elaborare nuove e diverse teorie filosofiche, tutte in contrasto l’una con l’altra. A chi attribuire, dunque, il vero su un terreno così incerto?

Per quel che riguarda le salde e sicure affermazioni dei dogmatici, che essi sostengono di avere definitivamente comprese; noi sospendiamo il giudizio, perché per noi rimangono oscure e incerte, e ci limitiamo a conoscere solo ciò che noi proviamo o sentiamo. (Diogene Laerzio, Vite, IX, 103)

Ciò non vuol dire che gli scettici non si esprimano. In un certo senso, il sospendere il giudizio è già un giudizio. La consapevolezza dello scettico è quella di non poter accedere ad ogni ambito del sapere; egli si concentra in tal modo su ciò di cui si può esser certi e sulla vita pratica.

Il maestro Pirrone

Pirrone nacque ad Elide, nel Peloponneso, intorno al 365 a.C. Nella sua città natale conobbe la scuola megarica, ovvero una delle tre scuole socratiche minori, eredi del pensiero di Socrate. Per molti aspetti essa può essere considerata un antecedente dello scetticismo. Il suo pensiero fu influenzato anche dalla filosofia indiana, alla cui si avvicinò in una campagna di Alessandro Magno in Oriente. Visse in semplicità e morì molto anziano, nel 275 a.C.

Non lasciò scritti. Le sue dottrine ci sono note grazie a Diogene Laerzio e attraverso i frammenti dei Sílloi. Egli predicava l’afasia, la forma più radicale di sospensione del giudizio. Essa consisteva nel tacere: annientare la parola per arrivare alla serenità; e nell’indifferenza nei confronti del mondo, a sua volta indifferente nei confronti degli uomini. Saggio è proprio chi attribuisce alle cose un duplice senso; in quanto rispecchia la duplcie mutevolezza e la inafferrabilità del mondo.

Lo scetticismo Accademico

Arcesilao è considerato il vero e proprio fondatore dello scetticismo accademico, fu scolarca dell’Accademia di Platone intorno al 265 a.C. e subì l’influenza di Pirrone. Egli però, contrariamente al maestro, non credeva in un’indifferenza assoluta nei confronti del mondo. Arcesilao lesse i dialoghi socratici di Platone e fu colpito dalla vena aporetica che contraddistingueva i primi scritti. In virtù di ciò, professò l’epochè, ovvero la “sospensione del giudizio”, già precedentemente seguita anche da Zenone. Tale sospensione derivava dall’impossibilità di una conoscenza certa, in aperta polemica con lo stoicismo. Da ciò deriva anche la convinzione che non sia possibile distinguere un giudizio vero da quello falso. Il filosofo sosteneva che non si potesse esser certi nemmeno della propria ignoranza.

Un altro illustre esponente dello scetticismo fu Carneade di Cirene. Egli partecipò alla famosa ambasceria greca del 155 a.C. a Roma. Egli professava una dottrina più moderata, quella del probabilismo. Secondo Carneade non c’è certezza delle rappresentazioni sensibili, che spesso sono solo persuasive. Bensì, vi è una scala di probabilità o di credibilità che tanto si può avvicinare al vero, tanto al falso.

L’ultimo scetticismo

Tra gli altri illustri esponenti del neo-scetticismo ricordiamo Enesidemo e Sesto Empirico. Enesidemo di Cnosso nel I sec. a.C. tentò di ripristinare il pirronismo puro. Scrisse i dieci modi (tropoi), ovvero dieci argomentazioni a favore della sospensione del giudizio.

Sesto Empirico fu un medico greco del II sec. d.C, ed ebbe proprio Enesidemo come fonte. Sesto Empirico credeva che l’infelicità fosse causata dal perseguire la strada che conduce al bene per natura; ovvero quella ricerca dogmatica che accomuna tutti i filosofi dell’antichità. Egli infatti è una delle fonti più importanti dello scetticismo antico e sulle diatribe filosofiche che interessarono tale filone.

Le critiche di Sesto Empirico

Alcune delle critiche che mosse alle filosofie antiche riguardarono in particolare i concetti logici Aristotelici di deduzione e induzione. La deduzione, secondo Sesto Empirico, è sempre un circolo vizioso. Essa contiene nella premessa iniziale la sua giustificazione, la quale si considera già dimostrata. Non si può esserne dunque certi. L’induzione è altrettanto in certa poiché si fonda solo su alcuni casi; potrebbero esisterne degli altri e smentirla.

Lo scetticismo si distingue dalle altre filosofie perché si arrende alla ricerca continua e senza risultati certi. Essa invece risiede proprio nell’atteggiamento d’imperturbabilità del filosofo scettico. Gli “Schizzi Pirroniani” furono l’opera più importante per quanto riguarda lo scetticismo di Sesto Empirico. Egli arriva finanche a definire logicamente impossibile l’imperturbabilità. Il filosofo, in un certo senso si prende gioco della logica stessa, portandola all’assurdo e al caso. Il risultato della propria ricerca arriva, non appena aver ceduto all’assurda pretesa di poterla raggiungere.

“Dicono infatti che egli, avendo dipinto un cavallo, desiderava raffigurare nel quadro la schiuma della bocca del cavallo. Ebbe così poco successo che rinunciò; così vi gettò, contro l’immagine, la spugna in cui detergeva i colori del pennello. Dicono, che questa, una volta venuta a contatto con il cavallo, produsse una rappresentazione perfetta della schiuma.

Anche gli scettici, dunque, speravano di impadronirsi dell’imperturbabilità, ma, non essendo in grado di riuscirci, sospesero il giudizio; e a questa loro sospensione seguì casualmente l’imperturbabilità, come ombra a corpo”

 

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