La coscienza di Zeno

La coscienza di Zeno viene cominciata a scrivere da Svevo qualche mese dopo la fine della guerra mondiale, fu poi terminato nel 1922. Come per gli antecedenti (Una vita e Senilità), anche quest’opera sembrò destinata al totale insuccesso; fu essenziale l’intervento di James Joyce, che invitò Svevo ad inviare una copia del suo romanzo ad alcuni importanti critici del tempo – principalmente francesi. In questo modo intorno al 1926 Svevo diventava un caso europeo; non solo, perché grazie all’intervento di Eugenio Montale, alla stessa altezza cronologica si deve la fortuna italiana dell’autore.

Struttura de “la Coscienza di Zeno”

“La coscienza di Zeno” si svolge in prima persona: un’autobiografia aperta, in cui non si segue un disegno organico. Zeno Cosini è un ricco personaggio triestino che riconosce nel vizio del fumo e nell’impossibilità di fumare «l’ultima sigaretta», una nevrosi a livello personale e interpersonale. Decide, così, di sottoporsi ad una cura psicoanalitica presso il Dottor S., il quale invita Zeno a raccontargli la sua storia, dall’infanzia fino l’età adulta. Questa ricostruzione del passato viene svolta per salti, interpolando diversi momenti anche sconnessi della vita del protagonista. In questo modo si dimostra la fallacia degli episodi raccontati che non aiutano in alcun modo il Dottor S. a curare Zeno.

Il testo è composto da otto capitoli, tra i quali risultano essere fondamentali: Il fumo, La morte di mio padre, La storia del mio matrimonio. In essi si dispiega un’epistemologia dei rapporti umani e con il proprio «io». Passando in rassegna il capitolo sul fumo – argomento che ritornerà per l’intero romanzo – risulta molto interessante il rapporto del protagonista con il padre, che nella morta di questi vede quasi una punizione divina; allo stesso modo, la sezione che si occupa del rapporto, conflittuale, con la moglie può essere inteso come una sofferenza costante nella vita del protagonista.

Il Personaggio Zeno

Il discorso del protagonista oscilla su un pendolo di malattia e salute, coscienza e inganno, desiderio e aridità sentimentale. Zeno ricerca un equilibrio, che è però precario, gli fugge continuamente; trascinato, com’è, da una forza che lo costringe a percorsi irti di difficoltà. Immerso nel mondo borghese, egli si sente inferiore e a disagio. I valori su cui poggia questa società sono ingannevoli e imperseguibili per una personalità come la sua. Ma Zeno non è uno sconfitto. Egli incarna con ironia e umorismo questi valori, si traveste con gli abiti di una classe a cui appartiene suo malgrado; il protagonista si afferma mostrando i suoi limiti, la sua inadeguatezza.

Diventa interessante notare come ne “La coscienza di Zeno” la malattia diventi uno strumento fondamentale di conoscenza, essa viene usata come forza critica che rivela le contraddizioni della realtà; ma anche il linguaggio è falsificazione. Zeno è triestino per lui scrivere in italiano è uno sforzo, essendo in parte di lingua tedesca, per questo motivo le sue confessioni per iscritto risultano false.

Il personaggio – narratore Zeno tende a creare nel lettore un dubbio di fondo, ossia se tutto ciò che sta leggendo è quanto realmente accaduto o piuttosto invenzione di una mente malata? E soprattutto in uno scenario come quello de La coscienza di Zeno, chi è il vero malato? Con questi interrogativi irrisolti il romanzo ci lascia e la figura di Zeno diventa icona del modernismo novecentesco italiano.

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