La Divina Commedia di Dante Alighieri

La Divina Commedia è una delle opere del panorama letterario italiano più conosciute e importanti al mondo. Nonostante la sua complessità si cercheranno qui di delineare alcuni dei tratti essenziali dell’opera.

Dante: la vita

Dante Alighieri nasce a Firenze nel 1265, il quale fu battezzato col nome di Durante. Il padre, Alighiero, era appartenente alla piccola nobiltà guelfa; la madre, donna Bella, morì quando l’Alighieri aveva circa 10 anni. In seguito il padre sposerà Lapa Cialuffi. Nel 1277 i familiari stipularono, come era in voga in quegli anni tra i piccoli esponenti della nobiltà, un contratto notarile per il matrimonio tra Dante e Gemma Donati. Questo avvenne nel 1285 quando il padre, Alighiero, era già morto e il poeta si trovò ad amministrare un patrimonio familiare tale da conferirgli una posizione di prestigio nella città di Firenze.

Nella formazione di Dante giocò un ruolo fondamentale Brunetto Latini, in particolare per l’impegno politico che contrassegnò il poeta. Altro punto di riferimento furono i diversi contatti di cui l’Alighieri poteva circondarsi nella Firenze del XIII sec. Fondamentali saranno i rapporti con Cavalcanti, i quali porteranno alla formazione della compagine stilnovista.

Alla frequentazione degli ambienti fiorentini è legato l’incontro con Beatrice. La musa dantesca, alla quale verrà dedicato quel capolavoro letterario, manifesto del “dolce stil novo” (come lo definirà Bonagiunta Orbicciani 1), che è “Vita Nova”, e che figurerà nel paradiso della Divina Commedia.

La Divina Commedia

Non si può prescindere da problemi di datazione quando parliamo della Divina Commedia Dantesca. Indicativamente scritta tra il 1304 e il 1307, quest’opera sarà destinata a stravolgere in maniera irreversibile la compagine poetica del XIV sec.
Ricca di riferimenti politici e religiosi, la Divina Commedia dovette essere pubblicata in tre fasi differenti: L’Inferno intorno al 1309, il Purgatorio 1316, il Paradiso dovette essere pubblicato negli ultimi anni di vita dell’autore – 1321.

La Struttura della Divina Commedia

Ciò che contraddistingue la Divina Commedia da opere contemporanee è l’impalcatura sulla quale essa verte. Il poema infatti è ordinato da una serie di riferimenti numerici legate al numero tre. Infatti, tre sono le cantiche in cui questo è diviso (Inferno, Purgatorio, Paradiso). Ognuna delle cantiche è formata da trentatré canti, tranne l’inferno al quale si aggiunge il primo canto che ne fa da Proemio dell’opera, arrivando così a cento canti (numero perfetto nella simbologia medievale). Ancora sul motivo del numero tre, tutta la Divina Commedia Dantesca è incentrata sulla terzina (più precisamente “Terza rima”): Tre versi, endecasillabi, che compongono una rima incatenata. 

Inferno

In questa prima cantica ha inizio la Divina Commedia. Dante “nel mezzo del cammin di nostra vita” ,dunque circa all’età di trent’anni, si è smarrito in una “selva oscura” da dove non trova modo per uscire. Incontra dunque Virgilio, il quale sarà la sua guida nel regno di Lucifero e nel Purgatorio, lo abbandonerà soltanto quando la sua condizione di pagano non gli permetterà di salire al Paradiso.

Divisa in nove cerchi, preceduti da un “Antinferno”, la cantica è imperniata sui peccati che l’uomo può compiere in vita. Questa è pervasa da un tono di “lamento” che rende angoscioso il cammino di Dante. L’intera cantica è caratterizzata da un linguaggio basso, umile, plebeo, ricco di vocaboli dialettali; niente a che vedere con quel volgare “illustre” teorizzato nel De Vulgari Eloquentia.

Purgatorio

Usciti “a riveder le stelle” Dante e Virgilio si ritrovano di fronte all’elevarsi di una maestosa montagna.
Il Purgatorio è diviso in sette gironi, ai quali vengono aggiunti l’antipurgatorio, il paradiso terrestre e la spiaggia (dove approdano le anime penitenti), arrivando così al numero dieci, come nell’inferno.

Qui le anime espiano i propri peccati e gioca un ruolo importantissimo il tempo. In particolare anche qui (come nell’Inferno) è la legge del contrappasso a creare i presupposti per il pentimento dei peccatori. Il linguaggio diventa più raffinato rispetto alla prima cantica, procedendo all’eliminazione di vocaboli plebei e di parolacce. Inoltre qui vi è, non una dannazione eterna, bensì un clima di speranza. In tutto il purgatorio le anime condividono in maniera solidale la propria sorte concorrendo alla salvezza.

Paradiso

Abbandonato da Virgilio, Dante è guidato nel regno della beatitudine dall’amata Beatrice, la quale l’ha “tratto da servo a libertate”. La cantica si presenta come la più complessa dell’intero poema, sia a livello concettuale che a livello interpretativo. Il linguaggio arriva a quel volgare “illustre” di cui abbiamo parlato prima, coniando anche neologismi.

Il Paradiso è diviso in nove cieli, ai quali aggiungendo la candida rosa si arriva al numero dieci. Tutto è inserito nell’Empireo, sede di Dio. In questi cieli sono disposti i beati a secondo del loro grado di beatitudine. A differenza di quanto avveniva nelle due cantiche precedenti, i beati non ricercano un maggiore grado di beatitudine rispetto quello che è stato loro attribuito.

Ciò che segna maggiormente il distacco di questo momento del poema è la fortissima carica allegorica e mistificatrice che assumono i vari episodi. Dalla cerimonia iniziale nella quale Dante rincontra Beatrice, al rituale che verte intorno alla visione di Dio, tutto assume un tono profetico e fortemente filosofico, che inserisce l’intera Divina Commedia Dantesca in uno scenario squisitamente geniale e innovatore rispetto alla compagine storica che l’ha concepita.

Note

  1. Nel Ventriquattesimo Canto del Purgatorio

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