Il pensiero di Cartesio

Cartesio: Vita e Opere

Renè Descartes, meglio noto come Cartesio, nacque nel 1596 a La Haye. Da giovane, intorno al 1604 viene istruito dai gesuiti del collegio di La Flèche fino al 1612. Cartesio racconta che, dopo aver studiato la precettistica gesuita, sentiva il bisogno di essere istruito dal “libro del mondo”. Fu così che iniziò a fare esperienze di viaggio e non solo.  Egli parteciperà infatti alla Guerra dei trent’anni. Una tappa successiva fondamentale del suo viaggio sarà l’Olanda nel 1628. Grazie alla particolare condizione libertaria politica e sociale del paese olandese; il filosofo potrà trovare quella serenità e condizione che nelle sue opere descrive fondamentale per l’utilizzo della Ragione. Nel frattempo tra il 1619 e il 1630 scrive le “Regole per la guida dell’intelligenza”, alcune regole che saranno precursori del suo metodo fondato sull’analisi e la geometria. Esse però verranno pubblicate solamente postume nel 1684.

Qualche anno più tardi si dedica a scrivere un saggio riguardo la fisica, “le monde“. Ma quasi contemporaneamente alla sua stesura, nel 1633 Galileo Galilei viene condannato per il suo consenso alla dottrina copernicana. Anche lo stesso Cartesio all’interno Del “Discorso sul Metodo“, che scriverà nel 1637, farà intendere velatamente il suo appoggio a Galilei. Questo “Discorso” risulta una introduzione per tre saggi molto importanti: Diottrica, Meteore e Geometria. Conclude il discorso con l’invito a presentare obiezioni qualora il suo pensiero avesse avuto bisogno di ulteriori delucidazioni. Cosa che fa nel 1640, quando, con l’aiuto di Padre Mersenne, pubblica il suo trattato “Meditazioni Metafisiche” con in allegato anche le risposte alle varie obiezioni. Morirà a Stoccolma nel 1650 alla corte della regina Cristina di Svezia, a causa delle rigide temperature e della polmonite.

Il Metodo Cartesiano 

Cartesio espone il suo metodo nella seconda parte dell’opera, il “Discorso sul Metodo”1 che doveva fungere solo da introduzione per i tre saggi nominati in precedenza. Secondo Cartesio non doveva essere un rigoroso trattato filosofico ma solo un discorso riguardo il metodo per l’utilizzo del “buon senso” o ragione.

Un’altra caratteristica preliminare da osservare è che, Cartesio scrive questa operetta in francese e non in latino, la lingua dei dotti. Questo perché all’interno del testo, Cartesio attaccherà più volte i suoi precettori e con essi anche gli intellettuali del tempo, per il loro insegnamento antiquato che non gli ha insegnato nulla di concreto.

Il metodo ha come fondamento quattro regole che presto vedremo. Bisogna prima premettere il pensiero Cartesiano riguardo la conoscenza. Ciò che muove Cartesio alla scrittura dell’opera è una forte critica alla filosofia che predominava il tempo e che pensatori come Galileo, Keplero e Bacone, stavano dissolvendo, ovvero la tipica filosofia scolastica di origine Aristotelica. Ciò che contraddistingueva la scolastica medievale era la logica sillogistica. I pensatori moderni, e dunque Cartesio, trovavano inutile lo strumento sillogistico così utilizzato, perché non dà alcuna informazione nuova, e non fa altro che esplicitare ciò che già si trova nelle premesse, anche detti “primi principi”.

Cartesio però non disdegna né Aristotele né il sillogismo ed il conseguente metodo deduttivo. Egli, anzi, lo utilizza applicandolo in modo diverso, fondendolo col principio base della sua geometria, l’analisi. Così facendo, il metodo, il sillogismo, il sistema deduttivo saranno d’aiuto per la ricerca dei primi principi ancora da scoprire.

Le Quattro Regole del Metodo di Cartesio

  1. “La prima regola era di non accogliere mai nulla per vero che non conoscessi esser tale con evidenza“. Dunque la prima regola del metodo e la più importante è quella di un intuizione chiara e distinta, di non farsi prendere dalla precipitazione, eliminando così ogni possibilità di dubbio.
  2. “La seconda era di dividere ogni problema preso a studiare in tante parti minori”.  Questa seconda Regola assume un’importanza fondamentale perché è la regola propria dell’analisi. Riducendo e scomponendo il problema dalla sua complessità negli elementi più semplici.
  3. “La terza cominciando dagli oggetti più semplici per salire a poco a poco ai più complessi”. Tale regola è lo strumento logico inverso dell’analisi, la sintesi. Tali due processi non hanno nulla a che fare con quelli tipicamente scolastici. Come si può ben vedere dal metodo cartesiano la conoscenza si evolve, va avanti gradualmente e non si stagna in una conoscenza già presente in modo implicito nella premessa.
  4. In fine di far dovunque enumerazioni così complete e revisioni così generali da esser sicuro di non aver omesso nulla”. Un procedimento di controllo dell’analisi e della sintesi in modo tale da aver raccolto i dati di una intuizione complessiva.

Morale Provvisoria

Dopo aver esposto le sue quattro regole, Cartesio si dice pronto di applicare il suo metodo a tutte le scienze.

In particolar modo risulta interessato al vivere sociale e civile, che trova luogo di esposizione nella terza parte del discorso. Tale morale, che Cartesio definisce “provvisoria”, è di fondamentale importanza per non rimanere indecisi nelle azioni; mentre la ragione glielo permette grazie al metodo. Ora la provvisorietà di tale morale non è da intendersi come contingenza, ma vuole essere una morale che non ha ancora il carattere della definitività. Tale problema si presenta per la quasi impossibilità di applicare rigorosamente il metodo alla morale; cosa in cui riuscirà più tardi Kant nella sua “Critica della Ragion Pratica”.

Cartesio si serve di alcune regole dunque per regolare le proprie azioni:

  • “la prima era di obbedire alle leggi e ai costumi del mio paese“. Tale regola è espressione della moderazione che più volte Cartesio ha dimostrato di perseguire. Ogni uomo si fa portatore di un determinato carico di idee e costumi identitari nella propria vita etico-sociale. Dunque di seguire in questo caso le consuetudini del senso comune. Tale regola potrebbe sembrare in disaccordo con la matrice critica del suo metodo, ma risulta maggiormente risoluta nella vita pratica.
  •  “la seconda era di esser fermo e risoluto nelle mie azioni, e di seguire anche le opinioni più dubbie una volta accettate”. Chiarifica tale regola con la metafora di un uomo che sperduto in un bosco non ha idea di dove andare. Dice Cartesio che risulta sempre meglio prendere una via, che seguita con coerenza sicuramente porterà fuori dalla selva.
  • “la terza fu di vincere sempre piuttosto me stesso che la fortuna”.  Tale considerazione di Cartesio trova nel cambiare alcuni propri desideri, magari irraggiungibili, che cambiare il mondo per realizzarli. Anche in questo caso è in linea con la sua moderazione pratica piuttosto di un gesto rivoluzionario.

Metafisica di Cartesio

Il metodo e il sistema cartesiano avevano bisogno di una giustificazione, cosa che avviene attraverso la dimostrazione dell’esistenza di Dio e dell’anima umana. Tali dimostrazioni avvengono prima nella parte quarta del discorso e più ampiamente nelle “Meditazioni Metafisiche“.

La prova dell’esistenza di Dio serve per dare certezza dell’esistenza del mondo e delle certezze acquisibile attraverso il metodo. Tutte le conoscenze acquisite potrebbero essere false, potrebbero essere frutto del gioco di un genio maligno. Una volta svuotatosi delle sue certezze, riguardo i sensi ed ogni cosa del mondo, la prima cosa che gli appare senza dubbio è la propria esistenza. “Cogito, ergo sum”. Penso, dunque sono. Qui il “sono”, non è solo un essere, ma anche esistere. Per il solo fatto di poter pensare, di poter dubitare delle altre cose, io devo esistere necessariamente; e nessun genio maligno può mettere in dubbio tale certezza appena acquisita.

La prima certezza è assodata. L’altra certezza che perviene è quella dell’esistenza di Dio; derivata dal fatto che Cartesio dopo aver assodato la prima certezza si ritrovava comunque in un mondo in cui non poteva essere certo di tutto. Ciò presuppone l’imperfezione dell’uomo e che dunque deve esistere un essere più perfetto di me. Questo è dimostrato anche solo dal fatto che avendo io tale idea di perfezione in me, ed essendo imperfetto non posso averla creata da me. Essa deve essere stata introdotta in me da un essere perfetto, nel quale l’esistere e l’essere convivono come il monte e la valle, Dio.

Fisica

Concludiamo questo viaggio nel pensiero di Cartesio in una delle parti più importanti, i suoi studi di Fisica. Egli ne parla nella quinta parte del discorso. In questa stessa parte ammette di averne parlato ulteriormente in un altro trattato (che noi sappiamo essere “le monde“), e dell’impossibilità di poterlo pubblicare.

Quello che qui diremo della fisica cartesiana saranno alcuni dei tratti fondamentali. Partiamo dal fatto che Cartesio applica il suo metodo geometrico analitico alla Fisica. Tale applicazione sarà però fatale per le conseguenze del suo metodo. La rigorosità di quest’ultimo in alcuni punti e la trascuratezza in altri saranno causa di molte errate scoperte. I principi della fisica cartesiana sono tre:

  • il principio di inerzia,
  • il moto di due corpi che si urtano, 
  • il moto di un corpo lungo una curva.

Alcune tra le fallaci scoperte sono alcune leggi riguardanti il moto e il movimento del sangue.

Quest’ultima, che tratta in modo approfondito a seguito di una serie di ispezioni, risulta deviata proprio dalla rigorosità del suo metodo; e dalla spiegazione seppur analiticamente valida (infatti fino al 1777 fu considerata esatta). Egli credeva che il sangue riuscisse a muoversi grazie al cuore e al suo calore. Il calore dilatava il sangue e faceva si che potesse scorrere per le tubature del cuore. Così facendo egli dimostrava errata la teoria di Harvey; che invece credeva (giustamente ma senza mezzi per dimostrarlo) che il sangue si muovesse grazie al movimento del cuore che si contraeva.

Seppur tali teorie fossero sbagliate, hanno di certo il merito di Cartesio di aggiungere un tassello importante al suo metodo considerato “aprioristico”, l’esperienza. Tali dimostrazioni sono la prova che Cartesio, così come Galilei, fu fautore e protagonista di un proprio metodo sperimentale; che serviva da prova per le teorie sviluppate grazie al metodo.

Note

  1. Tutte le citazioni fanno riferimento al “Discorso del Metodo”, Laterza,1985

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