Il Pensiero di Gorgia di Lentini
Gorgia di Lentini 1 rappresenta una delle figure più esemplari della sofistica nella filosofia antica. Egli fu un abilissimo oratore, fautore del relativismo conoscitivo non diverso da quello di Protagora.
Gorgia nacque verso il 485 a.C a Lentini, in Sicilia. Morì poco probabilmente alla longeva età di 109 anni a Larissa in Tessaglia. Nel 427 raggiunge Atene e fu discepolo esemplare di Empedocle, professò la sua arte retorica lungo e in largo la Grecia. Tra i suoi scritti celeberrimi che analizzeremo ritroviamo l’Epitaffio sui caduti in guerra; “Sul non essere o sulla natura” e “L’encomio di Elena”.
Del non essere o della natura – I Capisaldi di Gorgia
In tale scritto Gorgia pone tre capisaldi:
- nulla esiste;
- se alcunché esiste, non è comprensibile all’uomo;
- se anche fosse comprensibile. non è comunicabile agli altri.
Analizziamo cosa voglia intendere con queste tre espressioni.
Gorgia, quando asserisce che nulla esiste, non vuole intendere che il mondo che noi viviamo non esiste; bensì che è impossibile la pensabilità logica ed ontologica dell’essere. Egli porta avanti le sue tesi utilizzando una dimostrazione per assurdo.
La dimostrazione di Gorgia
Infatti, dice che se anche esistesse qualcosa, dovrebbe esistere o ciò che non è, o ciò che è, o entrambe insieme. Ma il non essere (il nulla) non è, in quanto non è non può essere allo stesso momento. Dunque non esiste. Se invece l’essere è, deve essere o eterno o generato o entrambe. Nel caso in cui l’essere fosse eterno, sarebbe anche illimitato. Ma ciò vuol dire che esso non è in alcun luogo specifico, dunque non esiste. Se fosse generato, dovrebbe essere frutto dell’essere, ma l’essere non è mai nato dunque non può essere generato e non può generare. Non può essere e non essere nello stesso memento, perché è una contraddizione, dunque nulla esiste.
Ragionando sempre per assurdo, Gorgia suppone che l’essere esista. Egli qui dice che se ciò che pensiamo dovesse esistere, allora se io penso ad un asino alato, questo esiste necessariamente? No. Dunque ciò che è pensato non esiste, e ciò che esiste non può essere pensato. Per tale motivazione l’essere non può essere comprensibile dalla mente umana.
Se anche si potesse comprendere sarebbe incomunicabile. Gorgia dice che le cose che si vedono avvengono tramite la vista, le cose che si sentono tramite l’udito. Ma come faccio a comunicare con la voce qualcosa che ho visto? E l’altro come potrà comprendere qualcosa che ho visto, ascoltando le mie parole? La parola è altro dalla realtà, allo stesso modo il visibile non può essere espresso tramite la parola. Allo stesso modo l’essere che è esterno a noi, non può essere comunicato tramite la parola ad altri, e dunque sarà incomunicabile.
Conclusioni
Con tale dimostrazioni per assurdo Gorgia vuole intendere che la realtà astratta è il nulla per l’uomo, che non può comprenderla. Non si può parlare di concetti universali, ma solo ridurli alla loro specificità delle esperienze e dei pensieri che i singoli uomini e donne vivono.
Di questo modo Gorgia non fa altro che scindere la parola intesa come segno e il suo riferimento. Quando Gorgia parla, non comunica cose o l’essere, bensì parole. In tal modo il linguaggio assume una potenza creativa, enfatizzante, ammaliante e chi ascolta viene colpito dal discorso, non dalla sua referenzialità.
Proponiamo qui una parte del testo integrale del discorso riportato da Sesto Empirico:
Encomio di Elena (clicca per approfondire)
Elena abbandona il marito, Menelao, re di Sparta, e fuggì con Paride a Troia. Questo suo gesto fu il casus belli della famosissima “Guerra di troia”. Gorgia analizza tutte le varie possibilità che hanno spinto la giovine e bella Elena a quel gesto. In tutti i casi ( ovvero: per volere del Caso e volere degli Dei; rapita per forza; convinta da discorsi eloquenti; per amore), Elena risulta senza colpa. In quanto la sua volontà fu soverchiata e soggiogata da forze della quale lei, inerme, non poteva far nulla.
Epitaffio
“Morti loro, non è morto con loro il rimpianto; ma vive, di loro non più vivi, in noi mortali, immortale.”
Gorgia in questo sublime epitaffio ai caduti mette in risalto la scelta “tragica”; la contraddittoria strada tra il rispettare il dono divino della vita e l’adempiere alla difesa e alla conservazione della polis. Tale passo è un esempio della relatività gnoseologica di Gorgia sul tema della giustizia.