Tocqueville: libertà e tirannide della maggioranza

Tocqueville è uno dei pensatori più acuti dell’ottocento francese, ci offre un’interessante riflessione sulla libertà, sulla democrazia e sui rischi che essa può comportare trasformandosi in una tirannia.

Tocqueville: La libertà tra Francia e America

“Io considero empia e detestabile questa massima: che in materia di governo la maggioranza di un popolo ha il diritto di far tutto; tuttavia pongo nella volontà della maggioranza l’origine di tutti i poteri. Sono forse in contraddizione con me stesso?”1

Alexis de Tocqueville si pone tale quesito, un’apparente contraddizione. Un passo tratto dal suo “La democrazia in America”. È chiaro che bisogna prima contestualizzare questa frase e capire perché Tocqueville arriva a porsela. Ed è da questo passo “americano” che faremo alcune considerazioni in merito alla libertà e democrazia con una riflessione più in generale.

Il contesto storico-sociale

Tocqueville compose questo scritto dopo il suo viaggio in America del 1831 per studiare il sistema penitenziario americano. Era da poco più di un cinquantennio che l’America era divenuto uno stato democratico, dopo la rivoluzione che fu d’ispirazione per quella francese del 1789. Infatti, Tocqueville aveva vissuto in prima persona, da Parigino, le trasformazioni dovute alle grandi rivoluzioni che cambiarono più volte il volto politico del paese. In principio ci fu la presa della Bastiglia, poi Robespierre, Napoleone e la Restaurazione: il crollo degli ideali rivoluzionari dell’89. Ed infine la Rivoluzione di Luglio del 1830 che depone Carlo X Borbone.

La libertà secondo Tocqueville

Tocqueville non fu mai politicamente attivo, non riusciva a sentirsi rappresentato dai vari schieramenti politici francesi. Egli era più incline ad una visione personale della società e della politica, fondate sul concetto di libertà individuale. Ben distinguibile dalla nozione di egocentrismo. Facendo riferimento al tipo “americano”, Tocqueville parlava di un “egoismo razionale”; l’uomo si rende utile per la collettività, per poter avere come conseguenza dei benefici personali.

La democrazia francese e americana

Differentemente dall’uomo europeo, ci dice Tocqueville che, in America l’uomo si ritrova in una condizione di eguaglianza. Egli infatti quando fa riferimento alla “Democrazia” intende proprio un’eguaglianza nelle condizioni. Cosa che fondamentalmente è sempre mancata all’uomo del vecchio continente, una società fondata in classi sociali ben differenziate. La Francia del Settecento ne era l’esempio più evidente: la monarchia con i due grandi ordini dell’Aristocrazia e della Chiesa. Ma la Francia aveva una forte distribuzione territoriale del potere locale ancora legato ai rapporti di vassallaggio tardo-medievale. E fu proprio questo che spinse la borghesia a poter aizzare le masse contro i grandi poteri secolari.

Come detto, ciò non era presente in America. Si immagini uno sconfinato stato da occupare e colonizzare dove non vi erano interessi particolari che tendevano ad opprimere delle libertà come nella dialettica maggioranza-minoranza tradizionale. Tocqueville infatti dirà:

Gli Stati Uniti sono stati popolati da uomini eguali tra loro, non c’è ancora un dissidio naturale e durevole fra gli interessi dei loro abitanti”.

Questo segna dunque una profonda cesura con il vecchio modo di fare politica europeo. Tutte le istituzioni americane erano basate su elezioni democratiche con un mandato di breve durata, anche per quanto riguarda il corpo legislativo. Difatti volubili, come il volere del popolo che può cambiare il suo giudizio molto velocemente.

La tirannide della Maggioranza

Ed ora arriviamo al vero nocciolo della questione, quella che Tocqueville definiva “la tirannide della maggioranza”:

“Cosa è mai la maggioranza, presa in corpo, se non un individuo che ha opinioni e spesso interessi contrari ad un altro individuo che si chiama minoranza. Ora, se voi ammettete che un uomo fornito di tutto il potere può abusarne contro i suoi avversari, perché non ammettete ciò anche per la maggioranza?”

Tocqueville pone una considerazione interessante, che porta vari interrogativi con sé. Fuor di equivoci, bisogna innanzitutto chiarire che questa frase è riferita alla democrazia americana dell’Ottocento. Ma il quesito rimane, un eccesso di libertà può portare alla limitazione della stessa libertà?

Per eccesso di libertà si intende una libertà che diventa massificata e collettivizzata, fino a perdersi nel giudizio di maggioranza, eliminando di fatto le individuali e particolari libertà e differenze. Difatti una libertà che può sopprimere una minoranza solo perché non in linea con la maggioranza. Ed è allora lì che i più prendono il potere assoluto.

“L’onnipotenza in sé mi sembra una cosa cattiva e pericolosa; il suo esercizio è superiore alle forze dell’uomo, chiunque esso sia […] Quando, dunque, io vedo accordare il diritto o la facoltà di fare tutto a una qualsiasi potenza, si chiami essa popolo o re, democrazia o aristocrazia, si eserciti essa in una monarchia o in una repubblica, io dico: qui è il germe della tirannide; e cerco di andare a vivere sotto altre leggi.”

È la stessa contraddizione su cui Popper ragionerà (dopo l’avvento del regime totalitario nazista democraticamente eletto) nel secondo novecento con il suo “paradosso della tolleranza”.

Considerazioni finali

Il problema in sé, ritornando alla nostra differenza tra sistema francese e americano, non è la sua forma politica, ma come essa si esprime. Che possa essere un re o un eletto dal popolo, la libertà non deve essere concessa ad un solo ordine che possa, per i propri interessi, abusarne. E qui ritorna quella dialettica tra maggioranza e minoranze che deve (o dovrebbe) esserci in ogni sistema democratico. I governi totalitari del secondo novecento sono stati la conseguenza profetica del pensiero sviluppato da Tocqueville.

La domanda però rimane ancora viva, il rischio totalitario è stato scongiurato?

La storia ci ha insegnato pur qualcosa, qualcuno direbbe. Questa domanda potrà essere scongiurata solo quando in nessun posto al mondo si trovi ancora oppressione e guerra. Ma oggi la questione (a noi più vicina) dovrebbe forse ruotare attorno ad altre problematiche. Probabilmente una lezione importante (dalle citazioni qui lette di Tocqueville) è quella che riguarda la dialettica maggioranza/minoranza.

Come ben sappiamo le minoranze, per definizione, contano meno. Ma questo basta per giustificare un sistema politico così strutturato? Che invece dovrebbe tener conto di tutte le esigenze; e non manipolarle a proprio favore, per cavalcare l’onda della maggioranza. Polibio (storico romano), quando parlava del perfetto sistema politico faceva riferimento a quello della Roma Repubblicana. Tutti gli ordini erano rappresentati e tutti avevano, in diversi modi, la possibilità di esprimersi. Maggioranza e minoranza (non quantitative) che si confrontano e governano insieme, non è forse questa la soluzione migliore?

“Esiste una legge generale che è stata fatta, o perlomeno adottata, non solo dalla maggioranza di questo o quel popolo, ma dalla maggioranza di tutti gli uomini. Questa legge è la giustizia.”

Note

  1. Tutte le citazioni provengono da “La democrazia in America”, Tocqueville, 1835-40.

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