Il Neoplatonismo

Il Neoplatonismo nasce da una reinterpretazione e sviluppo della filosofia di Platone ad opera di alcuni pensatori successivi all’allievo socratico. Le prime a svilupparsi sono alcune teorie intermedie come il medio-platonismo ed il neopitagorismo. Sarà soltanto nel III secolo d.C. – con Ammonio Sacca – che nascerà il vero e proprio neoplatonismo. Il maggior esponente del neoplatonismo fu Plotino, che ebbe grande fortuna in tutta la filosofia medievale a partire dal pensiero di Agostino.

Plotino e il Neoplatonismo

Plotino nacque nel 205 d.C. a Licopoli, nell’attuale Egitto. Ebbe come maestro Ammonio e successivamente si spostò a Roma dove fondò la sua scuola. Suo grande ammiratore fu l’imperatore romano Gallieno con tutta la sua famiglia. Egli morì nel 270 in Campania, mentre i suoi allievi ne sistemarono le opere in raccolte: “le sei Enneadi“.

Il neoplatonismo nasce come una riflessione, una reinterpretazione dei dialoghi platonici e dalle teorie orali di Platone. Plotino fa riferimento ad una dottrina dell’Uno e della Diade, di cui non permangono tracce negli scritti platonici. Essa risale – più probabilmente – ad una rielaborazione dei pitagorici a capo dell’Accademia (ovvero alla distinzione tra limitato/illimitato). Plotino, inoltre, riprende la ricerca socratica – cercando dentro di sé la verità – ovvero nell’anima. L’anima però è molteplice, essa dovrà pertanto rimandare ad una sostanza superiore, all’Uno.

Plotino estrapola il principio dell’Uno, il fondamento del neoplatonismo, da una lettura del dialogo platonico del “Parmenide“. L’esponente del neoplatonismo darà però una diversa interpretazione al famoso dialogo platonico. Platone parlava di un “Uno”, ovvero una sostanza che – per essere vera – non deve dipendere da null’altro, nemmeno dal tempo. Esso non doveva e non poteva essere nemmeno esprimibile. Questa teoria per Platone era solo l’estremo da opporre al concetto di molteplicità in un ragionamento più ampio – un’unità dialettica tra identità e diversità. Invece, Plotino – mal interpretandola –  la pone come fulcro della sua filosofia, l’Uno.

La teoria dell’emanazione

L’Uno – come sostanza perfetta, determinerà tutto il reale. Questa determinazione avviene per emanazione – attraverso un processo espansivo che si origina dall’Uno per arrivare al molteplice, al reale. Tale espansione avviene tramite una serie di ipostasi. Per Ipostasi si intendono le tre realtà sostanziali divine che formano il mondo intelligibile ovvero Uno, Intelletto e Anima. Ogni ipostasi deriva da quella precedente mediante un atto di contemplazione. Esse sono come dei condensamenti che derivano dalla pienezza dell’Uno:

  • la prima che l’Uno emana è l’Intelligenza UniversaleLa sua emanazione non proviene direttamente dall’Uno. L’intelligenza voltandosi ad esso si riempie dell’Uno e guardandolo genera sé stessa come pensiero ed intelletto.
  • la seconda ipostasi è l’Intelligenza prima. Pensiero che pensa sé stesso e contemplazione dell’Uno. Essa ha un aspetto soggettivo (l’atto del pensiero) ed uno oggettivo (l’insieme delle idee). Tale Intelligenza ha per Plotino la stessa funzione plasmante del Demiurgo platonico.
  • la terza ipostasi è lAnima, la realtà nella quale le forme divine si concretizzano. Essa si genera dall’Intelligenza Prima ed è come un pensiero che si stacca dal suo generatore. L’anima è l’estensione dell’Intelligenza. Essa forgia il mondo in quanto ha memoria degli intelligibili divini che ha contemplato.

L’anima e il corpo

La materia è per Plotino indefinita, privazione – è ciò che si oppone alla luce e all’emanazione dell’Uno. E’ il corpo che trova il suo scopo nell’anima e non viceversa. Come in Platone, anche per il neoplatonismo l’anima si suddivide in tre parti:

  • la non discesa”, la parte che resta presso l’Intelligenza Prima, e dunque presso l’Uno;
  • la razionalità umana, incarnata nel corpo. Essa è la sede dei conflitti e solamente attraverso la razionalità si può sentire la parte “non discesa”;
  • la corporea. Essa ha una grande influenza deleteria per l’uomo e la razionalità dalla quale deve tenersi lontano purificandosi con la catarsi. Soltanto grazie alla catarsi – ovvero, al raggiunto ritorno a sè – e alla contemplazione dell’Uno-Bene che si potrà raggiungere la felicità.

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