La Poesia di D’Annunzio: le Laudi

Le Laudi

Per quanto riguarda la lirica, D’Annunzio progetta un’opera divisa in sette libri: “Laudi del cielo del mare della terra e degli eroi”. Nel 1903 vengono portati a compimento e pubblicati solo i primi tre libri delle Laudi: Maia, Elettra e Alcyone. Avrebbero dovuto seguire, inoltre: Merope, Asterope ed altri due libri che non vennero nemmeno scritti.

Maia

E’ il primo poema delle Laudi: un poema di ottomila versi liberi. Maia è pervaso da uno spirito dionisiaco e vitalistico e intento alla declamazione panica e ridondante delle forme della vita e del mondo. Il poema tratta di un viaggio in Grecia compiuto dal poeta anni addietro. Ed è all’insegna della forza e della bellezza che sono intrinseche negli ambienti dell’Ellade. A questi il poeta vi mette in contrasto la realtà moderna, squallida ma al tempo stesso ricca di potenzialità. D’Annunzio arriva quindi a celebrare questa nuova realtà. Essa è fonte di una nuova forza e di una nuova bellezza al pari di quelle classiche, capace di adempiere a compiti eroici e imperiali. Infine, il poeta inneggia anche alle nascenti masse operaie che possono a buon diritto fungere da strumento per l’azione del superuomo.

È importante notare come, con questa opera D’Annunzio si sia posto come cantore della nuova realtà moderna. Ma è pur sempre vero che dietro questa forsennata celebrazione vi è la paura del letterato di essere schiacciato dalla stessa società che ora decanta. Per questo, ergendo a mito il mondo industriale, facendolo entrare nei canoni classici al pari del lavoro effettuato da Monti e Parini, D’Annunzio “combatte” la sua paura ed esce dalle vesti della vittima per innalzarsi a cantore della nuova società che lo minaccia.

Tuttavia, da questa nuova versione del poeta ne scaturisce un componimento ridondante e retorico, a tratti vuoto perché falso e lontano dal D’Annunzio “autentico”, legato al gusto decadente e che ancora vagheggia quella bellezza oramai irraggiungibile.

Elettra

Passiamo all’analisi del secondo poema delle Laudi, l’Elettra. In essa si rievoca il glorioso passato italiano, punto di partenza per un futuro di gloria e per un presente da riscattare. Gran parte del volume tratta delle città italiane antiche, depositarie della bellezza e di grandezza passate. Qui, il Medio Evo e il Rinascimento sono termini di paragone col presente equivalenti all’Ellade descritta nel primo libro. Un altro rimando all’antichità è dato dalla grandezza romana che è paragonata a quella risorgimentale. In questo poema prettamente politico, D’Annunzio si propone senza mezzi termini come “vate” dei gloriosi destini imperiali italiani.

Alcyone – l’ultimo poema delle laudi

L’ultimo ed anche il più noto poema delle Laudi, l’Alcyone. In quest’opera il Poeta sembra prendere le distanze dalle due opere che lo hanno preceduto. Qui egli assume un atteggiamento di contemplazione, di una natura che si fonde in un tutt’uno con l’uomo. Il libro è stato composto tra il 1899 e il 1903 e ricorda nella struttura, quella di un diario di una vacanza estiva. Questa si tenne nei colli fiesolani alle coste di Marina di Pisa ed è la descrizione della parabola della stagione. La stagione estiva è simbolo dello spirito vitale che pervade l’animo del poeta e lo conduce verso quel sentimento panteistico di fusione con la Natura. Quest’atteggiamento è evidente nella poesia più famosa della raccolta: “La pioggia nel pineto“.

E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.

Dal punto di vista tecnico, l’opera si caratterizza per la ricerca di musicalità. Quest’ultima porta la parola a perdere il suo significato – al fine di renderla un mezzo melodico. Ed è per questo che l’opera si libera di ogni rimando alle tematiche superomistiche per lasciare spazio alla massima espressione della poesia pura.

Nonostante ciò, D’Annunzio non abbandona del tutto queste tematiche a lui care. Infatti, nell’opera si evidenzia l’unicità del superuomo, unico essere capace di vivere la fusione panica col Tutto senza scadere nella gonfiezza retorica.

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