I Decemviri e la secessio plebis del 449
I decemviri governarono in modo provvisorio durante la Roma Repubblicana con il compito di stilare le dodici tavole per sanare i continui dissapori tra la plebe e i patrizi. Almeno questa sembra essere l’interpretazione che ne dà la tradizione. Scopriamo meglio cosa ha voluto significare davvero il governo dei Decemviri nella storia repubblicana romana.
Il racconto della tradizione sui Decemviri
Secondo la tradizione, in seguito ad un diritto esclusivamente patrizio, nel 462 a.C., vi furono varie agitazioni capeggiate dal tribuno della plebe C. Terentilio Arsa. Egli proponeva di istituire una commissione di cinque persone col compito di redigere una legislazione scritta. Così si decise di mandare una delegazione romana in Grecia per studiare una prima forma legislativa democratica e rappresentativa ch’era lì apparsa, le cosiddette “Leggi di Solone”.
Al ritorno della commissione, nel 451, fu sospesa la normale magistratura ed il decemvirato assunse il totale potere. Esso era un’assemblea composta di dieci persone, i decemviri, (del tutto patrizi) con lo scopo di stilare un codice di leggi scritte e definitivo. Il primo anno i decemviri redigono le prime dieci tavole. Dato che il lavoro non era completato si decise di prolungarne la permanenza per un altro anno, nel 450. In questo secondo governo dei decemviri, nel quale è testimoniata la presenza di plebei, Appio Claudio si distingue come figura più autorevole, già membro del primo decemvirato.
Rimanevano da completare le ultime due leggi, dette “inique”, che avevano le mira di sfavorire la plebe. Esse trovarono la loro approvazione grazie al camaleontico ruolo politico di Appio Claudio. Quest’ultimo inoltre, una volta resosi conto del potere esercitato ed ottenuto, convinse l’intero collegio a non deporre il potere. Come ennesimo atto di prepotenza egli si volle impadronire come schiava di una fanciulla, Virginia, fidanzata di un ex tribuno della plebe. Ma il padre della ragazza, piuttosto che vederla schiava, decise di ucciderla.
La rivolta popolare – “secessio plebis”
A seguito delle leggi inique, dei soprusi e del caso della fanciulla, la plebe, secondo la tradizione, decise finalmente di ribellarsi. Essa lo fece ritirandosi sull’Aventino e poi sul monte Sacro. Quest’atto di protesta è anche noto come “secessio plebis”. Ovvero, il caso in cui la plebe decideva di lasciare in massa la città, abbandonando di fatto i propri lavori e dunque le attività necessarie per la sopravvivenza della stessa. Così i decemviri abdicarono, Appio Claudio si uccise e fu restaurato il consolato nel 449 a.C.
Inoltre, nello stesso 449, i due consoli Valerio e Orazio fecero approvare le leggi Valerie Orazie grazie alle quali la plebe ottenne numerosi vantaggi, dando maggiore peso alle scelte plebiscitarie.
I dubbi sul racconto tradizionale dei “Decemviri”
Ci sono molti dubbi e contraddizioni da analizzare. Innanzitutto, alla base dell’istituzione dei decemviri e la stesura delle dodici tavole vi sono motivazioni filo-plebee, ma che non vedono il riscontro con l’effettività dei fatti. Perché nel primo decemvirato non erano presenti plebei, mentre nel secondo sì? E perché proprio nel secondo governo dei decemviri vengono stilate le leggi inique, che vanno a sfavore della plebe?
Inoltre, sembra contraddittorio che i plebei una volta avuto la possibilità di condividere la più alta forma di magistratura ne facessero poi una ribellione a causa dell’omicidio di Virginia. Anzi, è più probabile che siano stati i Patrizi più radicali a volere abolire e decretare la fine dei decemviri (per il momento democratico instauratosi). Anche le successive leggi Valerie Orazie non sembrarono essere realmente a favore della plebe.
Ciò che dunque avrebbe portato alla realizzazione del decemvirato sarebbe da pensarsi, come riportano Lucrezio e poi Cicerone, ad un allargamento e regolamentazione del diritto. Quest’ultimo infatti in precedenza era vago, impreciso e consuetudinario delle diverse interpretazioni. Le dodici tavole, seppur ricordate come un esempio legislativo, non erano perfette, (vedi le leggi inique) e per questo modificate successivamente.